VOLUME 61, N°2 APRILE-GIUGNO
EDITORIA
Centro Sperimentale per la Promozione della Salute e l’Educazione Sanitaria
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A proposito di vaccini e vaccinazioni, tra coscienza e ragione, ideologia e scienza
About vaccines and vaccinationes, between conscience and reason, ideology and science
Lamberto Briziarelli
Quando questo numero della rivista sarà diffuso, molto probabilmente la dissennata canea sui
vaccini e le vaccinazioni sarà sopita e sarà molto meglio così, per meglio comprendere il
ragionamento che ci sentiamo di fare. Che è necessario fare, soprattutto quando i bollenti spiriti e
gli animi accesi saranno stati dismessi, in quanto siamo convinti che nella vicenda si sia
dimenticato l’obiettivo vero della questione, la salute dei cittadini; per dare spazio a motivazioni
legate a problematiche che spesso avevano poco a che fare con la ragione e con la verità
scientifica. Ma sono frutto di problemi di coscienza soggettiva, di interessi personali e di gruppi, di
lotte di partito e politiche, di potere e di quante altre cose animano il dibattito sociale, nel grande
teatro dei mezzi di comunicazione di massa e nel teatrino soggettivo dei social, più sotterraneo
ma altrettanto grande, ancora più pericoloso in quanto in esso trovano sfogo le idee più
strampalate, le ipotesi più assurde, quelle che non si avrebbe il coraggio di dire a voce alta in un
pubblico consesso.
Tutto nasce in un tempo lontano, alla fine del secolo breve, con la scervellata idea di abolire
l’obbligatorietà di vaccinazioni che avevano consentito di ridurre – se non eliminare quasi del tutto
– flagelli tremendi, che causavano danni incredibili soprattutto nelle giovanissime generazioni. Nei
miei ricordi c’è sempre vivissimo – ero studente del terzo anno di medicina – il figlioletto del mio
vicino di casa, in un piccolissimo paese delle colline attorno a Terni, colpito dalla poliomielite; si
salvò dalla morte ma rimase paralizzato dall’arto inferiore destro. Un solo caso, per fortuna, che
sconvolse tutto il paese. I miei primi studi, ancora da studente, furono dedicati ai virus della polio
e mi sono laureato con una tesi sulla diffusione di essi nelle comunità infantili.
Quella decisione degli anni novanta si basò su un grosso equivoco, sull’ignoranza dei fatti: poiché
le malattie in questione erano ridotte e quasi scomparse, al disotto dei livelli endemici, basta
vaccinare; dimenticando che ciò si doveva solo ed esclusivamente ai vaccini, alla loro pratica
continuativa nei confronti di una percentuale elevata di possibili portatori, tale da interrompere la
catena epidemiologica. Nell’ignoranza di una regola ben nota ai biologi e da sempre ribadita
rispetto al permanere dei microrganismi in diversi nicchie e serbatoi, in relazione a particolari
condizioni ambientali e di vita. Pazienza per l’ignoranza dei politici al Governo ed in Parlamento
ma non per gli esperti, i membri dei consigli e comitati di consulenza del Governo e degli apparati
dello Stato. Si levarono diverse voci dagli Igienisti ma, come si sa, costoro non hanno avuto mai
un grande ascolto. Poco e solo in rare occasioni, particolarmente favorevoli. Quegli anni
segnarono l’inizio di un periodo quasi tutto da cancellare, fatto di confusione e disordine, che dura
tutt’oggi, per la concomitanza di svariate cause mondiali e nazionali, mutamenti epocali di
carattere politico, economico, demografico, di cui basta segnalarne solo due: la caduta dei muri e
l’affermazione del capitalismo, con la conseguente deriva neo-liberista e la sacralizzazione del
mercato, libero da ogni vincolo, risolutore di tutti i mali, la globalizzazione, esecrata e osannata.
Introducendo nella popolazione, anche a seguito della gravissima crisi economica, la filosofia del
fai da te, dell’individualismo, nel rifiuto della collettività, delle istituzioni, dei partiti e degli altri corpi
intermedi, fino alla negazione della democrazia e la ricerca di un uomo nuovo, forte e risolutore.
Nel quadro della grave crisi che tuttora attanaglia il nostro Paese si sono esperiti diverse volte
tentativi di cambiare qualcosa, di metter ordine, di tappare qualche buco ma spesso le toppe
erano peggiori dei buchi o ne creavano altri. Così è stato per le vaccinazioni, nelle quali si è
voluto mettere ordine a causa del clima irrespirabile creatosi attorno ad esse; un’atmosfera di
guerra violenta tra i partiti, cominciata con la storia del vaccino antimorbilloso causa di autismo
(cui addirittura il New York Times aveva dedicato un editoriale, denunciando la diminuzione dei
bambini vaccinati in Italia) e proseguita con l’infermiera che fingeva di vaccinare i bambini,
evitando così le lacrime dei bambini e le lamentele delle madri.
Descrive benissimo la situazione Panarani, in un beve scritto su un settimanale, segnata dalla
presenza di “atteggiamento antiscientifico, antivaccinismo” “disinformazione nei riguardi della
medicina ufficiale”, di “vari rivoli di ecologismo e un filone di antiscientismo, mescolato con
significative dosi di anticapitalismo, cospirazionismo e dietrologia”. Ed ancora “in questa visione
No-vax agisce sicuramente l’influenza di un elemento “anarcolibertario” di rigetto
dell’obbligatorietà”, nonché “la teorizzazione che la dannosità delle vaccinazioni servirebbe
solamente a incrementare i profitti di Big Pharma e delle multinazionali farmaceutiche”(1).
Dentro questo quadro può essere collocato il conflitto tra due Ministre (sanità e istruzione) che
hanno assunto posizioni strumentali e in qualche modo ideologiche, mettendo a confronto un
obbligo per la tutela della salute di tutti e il diritto allo studio di un singolo individuo che per
qualche ragione non può essere vaccinato. Il Consiglio dei Ministri ha assunto un provvedimento
illogico e antiscientifico, accettando un compromesso brutto: obbligatorietà per tutti i vaccini
(accontentiamo la sanità) ma obbligo solo fino ad una certa età (accontentando a metà
l’istruzione). Una soluzione che non risolve il problema della copertura vaccinale della
popolazione maggiormente esposta alle patologie infettive in questione ed incrementa il
malumore della popolazione.
Vediamo il perché:
-
senza entrare nel merito dei singoli vaccini, non si vede la necessità di rendere obbligatori
tutti i vaccini prima considerati facoltativi (su qualcuno si potrebbero avanzare dubbi anche
sull’efficacia); forse si sarebbe potuto aggiungerne uno o due ma non più. I più maligni o i
nemici politici del governo, potranno benissimo sollevare il problema prima ricordato da
Panarari, di voler fare un favore ai produttori di vaccini, anche se la giustificazione tecnica
esiste, per la presenza in commercio dei vaccini multipli che consentono una sola
somministrazione per sei o sette antigeni
-
ma certamente peggiore, chiaramente antiscientifica, appare la scelta di escludere
dall’obbligo una fascia di popolazione infantile scolastica esposta – con bassi livelli di
copertura vaccinale come risulta dai dati statistici ministeriali – che si troverà in corti di
individui privi di protezione; la situazione peggiore per causare vere e proprie epidemie.
Il modo per garantire il diritto alla studio, anche a coloro che non possono essere vaccinati è
garantito proprio dal poter andare in una classe dove tutti gli altri, o perlomeno il 95 percento di
essi, siano vaccinati.
È talmente evidente che non osiamo nemmeno domandarci come mai non ci si sia pensato:
pazienza per i politici che non sono necessariamente tecnici ed esperti della materia ma
avrebbero potuto ragguagliarsi da qualche esperto presente qua e là nei ministeri o negli istituti
scientifici di riferimento.
“Quandoque bonus, dormitat Homerus”, dicevano i romani ma qui non si dormicchia, si dorme
sonni profondi, incoscienti, trattando di problemi assai importanti in modo tanto superficiale ed
improvvido.
I vaccini sono farmaci sostanzialmente innocui, che possono essere anche dannosi se mal usati;
come tutti i medicinali hanno effetti collaterali, per lo più banali ma che certamente possono
preoccupare i genitori; hanno controindicazioni generali e specifiche che sono di competenza dei
soli medici. Essi non possono essere utilizzati a fini ideologici, di propaganda politica, di potere
partitico, di lotte interne fra e entro gli schieramenti politici.
Né essere oggetto della pubblicistica corrente o della propaganda che si fa attraverso ogni mezzo
di comunicazione. In questo purtroppo dobbiamo registrare un ruolo perverso da parte di un certo
giornalismo.
Di ciò debbono essere garanti e custodi gelosi i reggitori della cosa pubblica ma anche, e talora
con maggiore attenzione, tutti i politici ed i notisti della comunicazione di massa.
Abbiamo letto, non riferiamo l’autore, su uno dei quotidiani nazionali a maggiore tiratura, una
sussiegosa nota contro l’obbligatorietà, in cui si sosteneva che bastava aspettare che comparisse
il pericolo per dare il via alla vaccinazione; è chiaro che questa persona non ha la più pallida idea
di cosa dice rispetto
a)
al tempo occorrente per organizzare una vaccinazione di massa,
b)
al fatto che un vaccino diventa efficace dopo circa due settimane dalla somministrazione,
c)
alle scorte di cui si deve disporre,
d)
al fatto che i microbi mutano e occorre sempre rincorrerli per produrre il più rapidamente
possibile vaccini da utilizzare al momento più opportuno per impiegarli.
I nostri lettori sanno bene quanto ciò sia importante per la lotta contro i virus influenzali. E non
solo contro l’Haemophilus!!!
Ma veniamo, per finire, al nodo più importante del discorso, l’obbligatorietà delle vaccinazioni, un
tema assai delicato che – specialmente in questo periodo di sfiducia nelle istituzioni, di
individualismo esasperato, dell’uno vale uno, del fai da te per ogni problematica, compresa la
salute e l’uso della sanità – deve essere trattato con grande attenzione e senso di responsabilità.
L’obbligatorietà della vaccinazione di massa ai fini della salvaguardia della salute pubblica e della
protezione della maggior parte dei cittadini è fuori discussione e non può essere oggetto di
contrattazione. Tuttavia, in tempi di esasperazione del discorso sulla democrazia e sui diritti, va
ricordato che l’obbligo è comunque una costrizione e che la sua accettazione non può essere
fraintesa come partecipazione. Tanto che la sua liberalizzazione ha portato ad un calo
progressivo della pratica vaccinale, specie in alcune aree del Paese, provocando una forte
ripresa di alcune patologie infettive. E va pure ricordato che certe vaccinazioni non obbligatorie
ma consigliate per alcune fasce di popolazione hanno avuto scarsa partecipazione con gravi
conseguenze, affollamento degli ospedali, puntate epidemiche gravi, picchi di mortalità. Con
anche grave appesantimento della spesa sanitaria!
Il che ci porta a brevi considerazioni finali. L’obbligo deve essere mantenuto solo per alcune
patologie di maggiore pericolosità e rischio per la comunità, un eccesso può indurre rifiuti per
varie motivazioni. Ma non si può contare solo sul dovere. Occorre promuovere un’opera
permanente di informazione ed educazione sanitaria nei confronti dei cittadini che contrasti
opportunamente la balburdie ed il bailamme che abbiamo prima richiamato, con altrettanta forza
e profondità. Occorre un impegno di tutta la sanità e soprattutto richiamare l’operato importante
dei medici e dei pediatri di base, nei loro diuturno rapporto con la popolazione, nell’orientare i
propri assistiti a compiere scelte consapevoli ed intelligenti rispetto alla salute ma anche, nello
specifico, informarli scientificamente e decidere con essi le necessità vaccinali e stabilire – solo
un medico può farlo – quando un bambino può essere o non essere vaccinato. Nella formazione
delle future generazioni anche la scuola dovrà dare il suo contributo, come più volte detto ma
poco praticato; svolgere un ruolo primario anche rispetto ai temi della salute, come
completamento essenziale del futuro cittadino nel poter giudicare con cognizione di causa su
tutte le sciocchezze, stupidaggini, affermazioni avventate, con cui viene bombardato di continuo,
da ogni parte.
1. M.Panarari. Bocciati in Scienze. L’Espresso, n.22, maggio 2917 pag.38