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VOLUME 61, N°2 APRILE-GIUGNO
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2017
A proposito di vaccini e vaccinazioni, tra coscienza e ragione, ideologia e scienza About vaccines and vaccinationes, between conscience and reason, ideology and science  Lamberto Briziarelli   Quando questo numero della rivista sarà diffuso, molto probabilmente la dissennata canea sui  vaccini e le vaccinazioni sarà sopita e sarà molto meglio così, per meglio comprendere il  ragionamento che ci sentiamo di fare. Che è necessario fare, soprattutto quando i bollenti spiriti e  gli animi accesi saranno stati dismessi, in quanto siamo convinti che nella vicenda si sia  dimenticato l’obiettivo vero della questione, la salute dei cittadini; per dare spazio a motivazioni  legate a problematiche che spesso avevano poco a che fare con la ragione e con la verità  scientifica. Ma sono frutto di problemi di coscienza soggettiva, di interessi personali e di gruppi, di  lotte di partito e politiche, di potere e di quante altre cose animano il dibattito sociale, nel grande  teatro dei mezzi di comunicazione di massa e nel teatrino soggettivo dei social, più sotterraneo  ma altrettanto grande, ancora più pericoloso in quanto in esso trovano sfogo le idee più  strampalate, le ipotesi più assurde, quelle che non si avrebbe il coraggio di dire a voce alta in un  pubblico consesso. Tutto nasce in un tempo lontano, alla fine del secolo breve, con la scervellata idea di abolire  l’obbligatorietà di vaccinazioni che avevano consentito di ridurre – se non eliminare quasi del tutto  – flagelli tremendi, che causavano danni incredibili soprattutto nelle giovanissime generazioni. Nei  miei ricordi c’è sempre vivissimo – ero studente del terzo anno di medicina – il figlioletto del mio  vicino di casa, in un piccolissimo paese delle colline attorno a Terni, colpito dalla poliomielite; si  salvò dalla morte ma rimase paralizzato dall’arto inferiore destro. Un solo caso, per fortuna, che  sconvolse tutto il paese. I miei primi studi, ancora da studente, furono dedicati ai virus della polio  e mi sono laureato con una tesi sulla diffusione di essi nelle comunità infantili.  Quella decisione degli anni novanta si basò su un grosso equivoco, sull’ignoranza dei fatti: poiché  le malattie in questione erano ridotte e quasi scomparse, al disotto dei livelli endemici, basta  vaccinare; dimenticando che ciò si doveva solo ed esclusivamente ai vaccini, alla loro pratica  continuativa nei confronti di una percentuale elevata di possibili portatori, tale da interrompere la  catena epidemiologica. Nell’ignoranza di una regola ben nota ai biologi e da sempre ribadita  rispetto al permanere dei microrganismi in diversi nicchie e serbatoi, in relazione a particolari  condizioni ambientali e di vita. Pazienza per l’ignoranza dei politici al Governo ed in Parlamento  ma non per gli esperti, i membri dei consigli e comitati di consulenza del Governo e degli apparati  dello Stato. Si levarono diverse voci dagli Igienisti ma, come si sa, costoro non hanno avuto mai  un grande ascolto. Poco e solo in rare occasioni, particolarmente favorevoli. Quegli anni  segnarono l’inizio di un periodo quasi tutto da cancellare, fatto di confusione e disordine, che dura  tutt’oggi, per la concomitanza di svariate cause mondiali e nazionali, mutamenti epocali di  carattere politico, economico, demografico, di cui basta segnalarne solo due: la caduta dei muri e  l’affermazione del capitalismo, con la conseguente deriva neo-liberista e la sacralizzazione del  mercato, libero da ogni vincolo, risolutore di tutti i mali, la globalizzazione, esecrata e osannata.  Introducendo nella popolazione, anche a seguito della gravissima crisi economica, la filosofia del  fai da te, dell’individualismo, nel rifiuto della collettività, delle istituzioni, dei partiti e degli altri corpi  intermedi, fino alla negazione della democrazia e la ricerca di un uomo nuovo, forte e risolutore.  Nel quadro della grave crisi che tuttora attanaglia il nostro Paese si sono esperiti diverse volte  tentativi di cambiare qualcosa, di metter ordine, di tappare qualche buco ma spesso le toppe  erano peggiori dei buchi o ne creavano altri. Così è stato per le vaccinazioni, nelle quali si è  voluto mettere ordine a causa del clima irrespirabile creatosi attorno ad esse; un’atmosfera di  guerra violenta tra i partiti, cominciata con la storia del vaccino antimorbilloso causa di autismo  (cui addirittura il New York Times aveva dedicato un editoriale, denunciando la diminuzione dei  bambini vaccinati in Italia) e proseguita con l’infermiera che fingeva di vaccinare i bambini,  evitando così le lacrime dei bambini e le lamentele delle madri.  Descrive benissimo la situazione Panarani, in un beve scritto su un settimanale, segnata dalla  presenza di “atteggiamento antiscientifico, antivaccinismo” “disinformazione nei riguardi della  medicina ufficiale”, di “vari rivoli di ecologismo e un filone di antiscientismo, mescolato con  significative dosi di anticapitalismo, cospirazionismo e dietrologia”. Ed ancora “in questa visione  No-vax agisce sicuramente l’influenza di un elemento “anarcolibertario” di rigetto  dell’obbligatorietà”, nonché “la teorizzazione che la dannosità delle vaccinazioni servirebbe  solamente a incrementare i profitti di Big Pharma e delle multinazionali farmaceutiche”(1).  Dentro questo quadro può essere collocato il conflitto tra due Ministre (sanità e istruzione) che  hanno assunto posizioni strumentali e in qualche modo ideologiche, mettendo a confronto un  obbligo per la tutela della salute di tutti e il diritto allo studio di un singolo individuo che per  qualche ragione non può essere vaccinato. Il Consiglio dei Ministri ha assunto un provvedimento  illogico e antiscientifico, accettando un compromesso brutto: obbligatorietà per tutti i vaccini  (accontentiamo la sanità) ma obbligo solo fino ad una certa età (accontentando a metà  l’istruzione). Una soluzione che non risolve il problema della copertura vaccinale della  popolazione maggiormente esposta alle patologie infettive in questione ed incrementa il  malumore della popolazione.  Vediamo il perché: - senza entrare nel merito dei singoli vaccini, non si vede la necessità di rendere obbligatori  tutti i vaccini prima considerati facoltativi (su qualcuno si potrebbero avanzare dubbi anche  sull’efficacia); forse si sarebbe potuto aggiungerne uno o due ma non più. I più maligni o i  nemici politici del governo, potranno benissimo sollevare il problema prima ricordato da  Panarari, di voler fare un favore ai produttori di vaccini, anche se la giustificazione tecnica  esiste, per la presenza in commercio dei vaccini multipli che consentono una sola  somministrazione per sei o sette antigeni  - ma certamente peggiore, chiaramente antiscientifica, appare la scelta di escludere  dall’obbligo una fascia di popolazione infantile scolastica esposta – con bassi livelli di  copertura vaccinale come risulta dai dati statistici ministeriali – che si troverà in corti di  individui privi di protezione; la situazione peggiore per causare vere e proprie epidemie.  Il modo per garantire il diritto alla studio, anche a coloro che non possono essere vaccinati è  garantito proprio dal poter andare in una classe dove tutti gli altri, o perlomeno il 95 percento di  essi, siano vaccinati. È talmente evidente che non osiamo nemmeno domandarci come mai non ci si sia pensato:  pazienza per i politici che non sono necessariamente tecnici ed esperti della materia ma  avrebbero potuto ragguagliarsi da qualche esperto presente qua e là nei ministeri o negli istituti  scientifici di riferimento.  “Quandoque bonus, dormitat Homerus”, dicevano i romani ma qui non si dormicchia, si dorme  sonni profondi, incoscienti, trattando di problemi assai importanti in modo tanto superficiale ed  improvvido.  I vaccini sono farmaci sostanzialmente innocui, che possono essere anche dannosi se mal usati;  come tutti i medicinali hanno effetti collaterali, per lo più banali ma che certamente possono  preoccupare i genitori; hanno controindicazioni generali e specifiche che sono di competenza dei  soli medici. Essi non possono essere utilizzati a fini ideologici, di propaganda politica, di potere  partitico, di lotte interne fra e entro gli schieramenti politici.  Né essere oggetto della pubblicistica corrente o della propaganda che si fa attraverso ogni mezzo  di comunicazione. In questo purtroppo dobbiamo registrare un ruolo perverso da parte di un certo  giornalismo.  Di ciò debbono essere garanti e custodi gelosi i reggitori della cosa pubblica ma anche, e talora  con maggiore attenzione, tutti i politici ed i notisti della comunicazione di massa. Abbiamo letto, non riferiamo l’autore, su uno dei quotidiani nazionali a maggiore tiratura, una  sussiegosa nota contro l’obbligatorietà, in cui si sosteneva che bastava aspettare che comparisse  il pericolo per dare il via alla vaccinazione; è chiaro che questa persona non ha la più pallida idea  di cosa dice rispetto a)  al tempo occorrente per organizzare una vaccinazione di massa,  b)  al fatto che un vaccino diventa efficace dopo circa due settimane dalla somministrazione,  c) alle scorte di cui si deve disporre,  d)  al fatto che i microbi mutano e occorre sempre rincorrerli per produrre il più rapidamente  possibile vaccini da utilizzare al momento più opportuno per impiegarli.  I nostri lettori sanno bene quanto ciò sia importante per la lotta contro i virus influenzali. E non  solo contro l’Haemophilus!!!  Ma veniamo, per finire, al nodo più importante del discorso, l’obbligatorietà delle vaccinazioni, un  tema assai delicato che – specialmente in questo periodo di sfiducia nelle istituzioni, di  individualismo esasperato, dell’uno vale uno, del fai da te per ogni problematica, compresa la  salute e l’uso della sanità – deve essere trattato con grande attenzione e senso di responsabilità.  L’obbligatorietà della vaccinazione di massa ai fini della salvaguardia della salute pubblica e della  protezione della maggior parte dei cittadini è fuori discussione e non può essere oggetto di  contrattazione. Tuttavia, in tempi di esasperazione del discorso sulla democrazia e sui diritti, va  ricordato che l’obbligo è comunque una costrizione e che la sua accettazione non può essere  fraintesa come partecipazione. Tanto che la sua liberalizzazione ha portato ad un calo  progressivo della pratica vaccinale, specie in alcune aree del Paese, provocando una forte  ripresa di alcune patologie infettive. E va pure ricordato che certe vaccinazioni non obbligatorie  ma consigliate per alcune fasce di popolazione hanno avuto scarsa partecipazione con gravi  conseguenze, affollamento degli ospedali, puntate epidemiche gravi, picchi di mortalità. Con  anche grave appesantimento della spesa sanitaria!  Il che ci porta a brevi considerazioni finali. L’obbligo deve essere mantenuto solo per alcune  patologie di maggiore pericolosità e rischio per la comunità, un eccesso può indurre rifiuti per  varie motivazioni. Ma non si può contare solo sul dovere. Occorre promuovere un’opera  permanente di informazione ed educazione sanitaria nei confronti dei cittadini che contrasti  opportunamente la balburdie ed il bailamme che abbiamo prima richiamato, con altrettanta forza  e profondità. Occorre un impegno di tutta la sanità e soprattutto richiamare l’operato importante  dei medici e dei pediatri di base, nei loro diuturno rapporto con la popolazione, nell’orientare i  propri assistiti a compiere scelte consapevoli ed intelligenti rispetto alla salute ma anche, nello  specifico, informarli scientificamente e decidere con essi le necessità vaccinali e stabilire – solo  un medico può farlo – quando un bambino può essere o non essere vaccinato. Nella formazione  delle future generazioni anche la scuola dovrà dare il suo contributo, come più volte detto ma  poco praticato; svolgere un ruolo primario anche rispetto ai temi della salute, come  completamento essenziale del futuro cittadino nel poter giudicare con cognizione di causa su  tutte le sciocchezze, stupidaggini, affermazioni avventate, con cui viene bombardato di continuo,  da ogni parte.  1. M.Panarari. Bocciati in Scienze. L’Espresso, n.22, maggio 2917 pag.38