CHI SIAMO PROGETTI E RICERCHE FORMAZIONE ACCREDITAMENTO CompHP EDITORIA DOCUMENTAZIONE MULTIMEDIA NEWS
VOLUME 62, N°4 OTTOBRE-DICEMBRE
indietro
EDITORIA
Sistema Salute La Rivista Italiana di Educazione Sanitaria e  Promozione della Salute La Salute Umana Libri torna su CeSPES
Centro Sperimentale per la Promozione della Salute e l’Educazione Sanitaria
(Telefono: 075.585-7357/8036 - *Email: centro.cespes@unipg.it Via del Giochetto, n°6 - 06126 - Perugia, Italia Piazzale Severi,1 - 06132  -Perugia, Italia
2018
Che fare? What to do? Lamberto Briziarelli Il quarantennale della legge di riforma sanitaria si colloca in un momento di vita difficile dell’intero Paese e ci obbliga non ad una celebrazione, quanto ad una profonda riflessione su dove stiamo andando, e non solo nel campo della sanità. Come il 1978 fu un anno particolarmente felice il 2018 sembra piuttosto foriero di ripercussioni negative e di un forte arretramento. Nei dodici mesi di quaranta anni or sono vennero a soluzione diversi nodi irrisolti per i quali un movimento della popolazione, le lotte operaie e studentesche tra gli anni ‘60 e ‘70 per la scuola, la casa, la salute, avevano determinato un momento politico particolare, frutto dell’intesa fra i cattolici progressisti e la sinistra riformatrice. E così alla fine del decennio si giunse alla promulgazione di importanti leggi, specie nel campo della tutela della salute, 833, 180 e 194, che segnarono un punto di svolta e di progresso incredibile, tra i più significativi in tutto il mondo avanzato. Nell’anno corrente, al termine di un decennio di profonda recessione economica che ha creato ripercussioni negative in molti settori della società, registriamo in particolare la perdita di potere dei corpi intermedi della democrazia e delle forme di rappresentanza della popolazione. Assistiamo ad un progressivo, quasi totale, distacco dei cittadini dalle istituzioni, il disconoscimento di partiti e sindacati, la sfiducia e la messa in discussione dei servizi pubblici, un individualismo esasperato che annulla quasi del tutto il concetto di comunità. L’affermarsi di nuovi movimenti ed una nuova espressione elettorale della popolazione hanno portato a momenti assai difficili in cui rischiano di andare in crisi gli elementi su cui si basa l’assetto democratico dell’intero Paese, con il verificarsi di una situazione inversa a quella che portò alle leggi di riforma di quegli anni. I tanto esaltati attori del cambiamento, nuovi rivoluzionari, non si occupano minimamente di ciò, promuovono una sorta di controrivoluzione che mette in crisi la democrazia, con il rischio di sostituirla con forme oligarchiche se non dittatoriali, senza risolvere nessuno dei problemi più importanti del Paese, limitandosi a seguire le chimere con le quali hanno avuto il successo elettorale. Siamo in presenza di un paradosso insolubile. Si approfondano le disuguaglianze nella popolazione e tra le varie aree geografiche del Paese, la distanza tra Sud e Nord non è stata mai tanto forte. Le protezioni sulla salute, come già scritto, ricordato e reclamato più volte (già molti anni or sono da Tudor Hart con la Inverse care law) diminuiscono per i singoli e le loro famiglie quando sono senza lavoro, il lavoro è messo in discussione, le stesse pensioni sono minacciate, specie per le future generazioni. E così, all’interno della sanità, vengono sminuiti, se non cancellati, gli stessi principi fondamentali su cui si fonda il Servizio sanitario nazionale: uguaglianza, unitarietà, solidarietà. Prosegue e si approfonda la deriva del SSN determinata dalla II e III riforma della sanità (richiamate nell’articolo di Briziarelli e Menichetti) con l’aziendalizzazione dei servizi (sull’onda della filosofia delle Gran Bretagna del provider e purchaser e l’introduzione della concorrenza all’interno del SSN) e successivamente con le troppo ampie deleghe alle Regioni e Province autonome, senza elementi effettivi di controllo, favorendo la creazione di altrettanti piccoli servizi sanitari autonomi. Con conseguenze gravissime anche nel governo delle strutture sanitarie. L’articolo di Geddes richiama puntualmente invece le ragioni dell’assoluta sostenibilità del sistema sanitario come delineato nella 833, richiamando partiti e sindacati, forze politiche ed intellettuali ad un nuovo impegno in questa direzione. Debbono essere chiamati in causa i governi regionali e il governo tecnico (la tanto menzionata governance) delle Agenzie e delle Aziende sanitarie; nelle quali a mio parere, si è introdotto un virus (come ancora si usa dire oggi) che ha provocato un grave morbo, una vera e propria sindrome, che in un libro di qualche anno fa Mattozzi e Antonio Merlo hanno chiamato mediocrazia, governo delle mediocrità; nel quale la meritocrazia (peraltro discussa e spesso indegna del nome) basata sulla competenza è stata sostituita dall’appartenenza (stessa desinenza ma quanta differenza!), familistica, di partito o magari di corrente, di fazione, di interessi, di corporazione, se non di cosca. E così, dal combinato disposto della seconda e terza riforma nella gestione del Servizio sanitario ai Comitati di gestione delle USL (macchiati dall’accusa infamante di lottizzazione) è stata sostituita una trimurti di nominati (nobilitati, con l’inglesismo di turno, manager) scelti dalle sole maggioranze dei governi regionali. Un triumvirato che a sua volta ha il potere di nominare i responsabili di servizi (non della pulizia o di manutenzione, o della lavanderia) ma i primari delle strutture sanitarie, ospedaliere o territoriali che siano. E così dirigenti di Centri di salute sono specialisti in ostetricia; Oculisti dirigono Distretti sanitari, Veterinari dirigono Dipartimenti di Prevenzione, Cardiologi e Ostetrici diventano Direttori sanitari (cito tutti casi realmente avvenuti). In tempi più recenti, all’interno della sindrome sono comparsi due nuovi e gravi sintomi, il presentismo (ben definito circa un anno fa in un interessante libro di De Rita e Galdo, "Prigionieri del presente" e su cui quindi non mi dilungo) e il rifiuto della scienza. E così, tanto per citare casi veri, senza far torto a nessuno, una Ministra della pubblica istruzione di un precedente governo (che nel suo curriculum vantava il solo lavoro di sindacalista e titoli di studio discussi) poteva sostenere che le vaccinazioni (cioè il diritto alla salute dei bambini, degli uni verso tutti gli altri) avrebbero minacciato il diritto allo studio; per tutta risposta, la vincente Ministra della sanità per converso (invece di fermarsi alle poche vaccinazioni obbligatorie di cui un improvvido altro ministro aveva sospeso l’obbligatorietà) ne imponeva dodici, sotto la spinta di qualche igienista provvido o magari di qualche altra lobby. E nel governo attuale un Sottosegretario può porre la domanda “ma chi ha detto che la scienza deve prevalere sulla politica?”, come se si trattasse di una partita di calcio, di una scommessa da bar, mettendo a confronto la verità dei dati e della storia del progresso con le opinioni, magari espresse in 140 caratteri; o la Ministra della sanità che propone un’obbligatorietà discrezionale, mostrando una scarsa conoscenza anche del vocabolario, rispetto al significato delle parole. Siamo di fronte ad una pagina bianca con un grosso punto interrogativo di colore rosso, scottante. Come fare ad arginare quella specie di deriva dei continenti intrapresa dalle nostre Regioni? Come ridurre ad unum ventuno piccoli e distinti servizi sanitari, di modo che i cittadini ricevano le stesse prestazioni dalle Alpi al Lilibeo (come si diceva una volta) o fare si che i servizi siano tutti uguali, da Norcia a Perugia, dal Mugello a Firenze, o che il patto sociale della solidarietà torni a regnare dovunque? Questa è la domanda sulla quale possiamo interrogarci, qui o convocare un’altra sessione, senza entrare nella logica ingegneristico-istituzionale - che ha lasciato sulla strada diversi cadaveri eccellenti – ma trovare il modo, perché è qui che si salvano i principi fondamentali dell’equità, unitarietà e solidarietà su cui poggia l’intera 833 ed il vero SSN pubblico