VOLUME 61, N°3 LUGLIO-SETTEMBRE
EDITORIA
Centro Sperimentale per la Promozione della Salute e l’Educazione Sanitaria
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In memoriam
Lamberto Briziarelli
Tullio Seppilli è morto, silenziosamente, negli ultimi giorni di questa torrida estate, nella silenziosa
ed isolata casa dove aveva trascorso gli ultimi anni della sua vita, vicina al vecchio convento di
Santa Caterina, lontano dal rumore e dal traffico della città. Eppure la notizia della sua scomparsa
ha sollevato immediatamente un’ampia eco in tutto il Paese, sui grandi quotidiani di opinione
come nella stampa locale. Suoi allievi e personaggi di livello nazionale ne hanno ricordato le
grandi doti di pensatore, nell’ambito dell’antropologia culturale e dell’antropologia medica, il suo
indefesso impegno politico sui grandi temi dell’eguaglianza, della libertà di pensiero e da ultimo
dei beni comuni e della tutela dell’ambiente.
A tutto ciò non ci sarebbe altro da aggiungere, per ricordare la gura di un intellettuale a pieno
tondo, impegnato nell’accademia e nel sociale no all’ultimo dei suoi giorni, da vero “comunista”
come ogni tanto amava ricordare. Ed infatti, per tutta la sua esistenza, aveva conservato questa
adesione ideale contratta nei primi anni della sua giovinezza, ancora esule in Brasile per le leggi
razziali fasciste. Conservando anche alcuni elementi utopici di quell’ideologia.
Per me, che ho avuto con Tullio una frequentazione culturale iniziata attorno alla ne degli anni
cinquanta del 900, egli ha ancora altri meriti di grande valore, che vanno assolutamente messi in
evidenza; come sicuramente testimoniano gli operatori del Centro sperimentale di Perugia ed i
collaboratori di questa rivista ma anche tutti coloro che si sono impegnati nel campo
dell’Educazione sanitaria. Tullio non aveva voluto seguire le aspirazioni del padre Alessandro che
lo avrebbe visto volentieri medico, prosecutore del suo operare ma non si allontanò di molto
laureandosi in Biologia ma soprattutto abbracciando con grande interesse, prima e con passione
poi, gli studi etnografici di De Martino. E poi operando una svolta importante, avvicinandosi del
tutto ad una parte degli interessi paterni, con la creazione nella Facoltà di Lettere dell’Università
di Perugia dell’istituto di Antropologia culturale.
Alessandro Seppilli, nonostante la sua formazione di igienista tradizionale (nello studio dei
microrganismi patogeni, della statistica sanitaria, della chimica e sica applicate all’ambiente) già
nella prima metà degli anni ‘50, poco dopo il suo arrivo nella Facoltà di Farmacia dell’Ateneo
Perugino, aveva allargato lo spettro dei suoi interessi agli indirizzi sociali della disciplina. Facendo
proprie le indicazioni che erano venute nell’immediato dopoguerra dalla Gran Bretagna e
dall’OMS, nell’ambito dell’Istituto di Igiene – assieme al Medico Provinciale di Perugia – aveva
creato il Centro Sperimentale dimostrativo di educazione sanitaria della popolazione, con lo
scopo fondamentale di studiare e diffondere modelli di intervento per migliorare i livelli di
coscienza e di conoscenza sanitaria dei singoli individui per meglio combattere i fattori nocivi alla
salute e condurre stili di vita salutari.
Fondamentale divenne così l’apporto dell’antropologia culturale allo sviluppo delle attività di
formazione che il Centro sperimentale (poi solo di Educazione sanitaria e di Promozione della
salute) sviluppò nei confronti degli operatori sanitari e sociali; Tullio, con alcuni dei suoi al- lievi, si
impegnò da subito in una collaborazione mai cessata, fornendo una presenza culturale
fondamentale al modello elaborato nel Centro sperimentale. Ampliando ed arricchendo, in
particolare nella sua fase behavioristica la base medico-biologica e fornendo anche a noi medici
contributi sostanziali all’elaborazione culturale, allargando l’orizzonte delle nostre ricerche in
questo settore. Le sue lezioni brillanti entusiasmavano i frequentatori dei tanti corsi arrivati a
Perugia da tutta Italia e da molti Paesi esteri ed erano da tutti molto apprezzate. I suoi allievi,
talora egli stesso, collaborarono con noi nei molti corsi di formazione che organizzavamo in
diverse regioni italiane. I suoi articoli arricchirono quasi ogni numero della nostra rivista.
Mi sovviene in particolare il piacevole ricordo di una comune collaborazione che ci portò assieme
in numerose città; impegnati in una serie di attività formative dirette ad operatori sanitari delle
diverse USL della Regione Emilia-Romagna, trattando rispettivamente la parte bio-medica e
quella socio-antropologica dell’Educazione alla salute. Un interessante percorso in cui ci
sforzavamo di aggiungere sempre nuovi elementi ai nostri discorsi, un processo di comune
elaborazione di idee e produzione di cultura. Gli spostamenti in automobile erano una continua
scoperta di nuove idee a tutto tondo, su molti campi; Tullio era molto colto, piacevole
conversatore, curioso, arguto.
E poi, dopo la scomparsa del padre, la nostra collaborazione continuò nell’ambito della
Fondazione Celli di cui ero il segretario ed Egli presidente per via ereditaria no ad oggi e nella
gestione di questa rivista, la Fondazione divenne editore. E Tullio seguitò a fornire il suo
contributo nell’ambito del Comitato scientifico ed in quello di redazione.
Di tutto questo lungo rapporto, di grande interesse e piacere, ho un punto di cui mi rammarico,
avendone pure discusso con Lui; la sua lunga elaborazione si è sviluppata in centinaia di
contributi, in convegni, confronti, discorsi, pubblicata in scritti brevi, che non ha voluto mai
raccogliere a fornire una raccolta sistematica del suo pensiero che raccoglieva assieme scienze
umane, aspetti socio-politici ed economici. Certo ha lasciato un vuoto anche maggiore.